Spesso mi trovo a descrivere dipinti e parlare di pennellate dense o di dettagli realizzati in punta di pennello; altre volte descrivo i meravigliosi particolari di oggetti di oreficeria dove gli artisti hanno saputo creare minuscoli capolavori; ma è davanti a certe opere di scultura che rimango a bocca aperta, estasiata e quasi commossa ( soffro forse della sindrome di Stendhal??)
Due sculture che mi fanno un effetto stravolgente, di fronte alle quali rimango rapita e incantata, sono le statue di Pierre Puget nella basilica di Santa Maria Assunta di Carignano a Genova: san Sebastiano e il beato Alessandro Sauli.
San Sebastiano
Il fisico di san Sebastiano è contorto dal dolore, le ginocchia sono piegate incapaci di sostenere il peso del corpo, le braccia sono legate sopra la testa con le mani tese in un gesto rigido di sofferenza.
Si dice che Pierre Puget, così come tutti i grandi scultori, andasse personalmente nelle cave di Carrara per scegliere il pezzo di marmo da scolpire: in questo caso non ha utilizzato un blocco bianco immacolato, bensì uno con alcune venature grigie; un dettaglio coloristico che disegna una rete di vene che sembrano trasparire dalla pelle del santo. E, a proposito di dettagli, sul corpo tormentato si intravvedono i fori delle frecce che hanno provocato l’agonia del martire.
Il beato Alessandro Sauli
Di fronte si erge la statua del Beato Alessandro Sauli: il volto magro, con le guance scavate da una vita dedicata all’assistenza caritatevole a poveri e appestati, esce dalle vesti pesanti e quasi sovradimensionate. Anche qui i dettagli sono straordinari: il mantello di stoffa spessa copre il camice liturgico di leggero tessuto crespato; la stola ricamata termina con un mirabile intreccio di frange.
Di fronte a queste sculture mi sembra sempre che si sia verificato un prodigio: la mano sapiente dello scultore ha trasformato una roccia informe in qualcosa di prezioso; una pietra muta comunica messaggi ed emozioni.